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Giusi Checcaglini a proposito di SUPERFICIDINAMICHE

Superficidinamiche”, una nuova e originale espressione del glorioso movimento della pop art che, a partire dagli anni Sessanta, fu antidoto per Mary Acton ‘all’oscurità visiva della pittura astratta’ con ‘il ritorno a soggetti figurativi presi dal mondo contemporaneo,

nelle svariate forme comunicative, verbali ed elettroniche, nel fumetto, declinato storicamente e nelle numerose variabili contemporanee, nei brand impressi indelebilmente nelle dinamiche quotidiane, nelle segnaletiche dei più diversi paesaggi.

E in questo senso a Superficidinamiche si addice la ancora pregnante definizione di Gillo Dorfles dell’opera d’arte come “un genere di informazione che viene offerta al fruitore e i cui schemi possono esser ricondotti a segni estetici”, ma anche come testimonianza di un raffinato artigianato coniugato con l’ispirazione al servizio di una originale ricerca espressiva.

Ogni pezzo, monocromo, infatti nasce anche dal paziente intervento sulla tensione della tela, modulata e fissata su sottili supporti in modo tale da creare un oggetto artistico bidimensionale la cui luce dà inaspettati effetti metamorfici, diventando quasi scultura a tutto tondo e la ‘riproducibilità’ (di benjaminiana memoria) in questo caso non toglie, ma aggiunge ’aura’ all’oggetto ispiratore.

In ultima analisi l’artista celebra le figure della mitologia popolare in un modo raffinato ed astratto che suscita nell’ammiratore reazioni che vanno oltre il puro godimento estetico: come infatti non intravedere nella loro perfezione artistica la sottile malinconia per un’appartenenza emotiva ormai dissolta nel tempo?

 Giusi Checcaglini

 

 

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